In memoria del prof. Dario Palermo

L’Università di Catania e la ricerca scientifica hanno subito una grave perdita.

 
Il 26 febbraio si è spento il prof. Dario Palermo, ordinario di archeologia classica al dipartimento di scienze della Formazione. Già direttore del Disfor e della missione archeologica italiana a Prinias (Creta) ha diretto la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, e ha ricevuto la nomina di direttore scientifico del Museo di Ramacca. L’attività di ricerca del prof. Palermo si è focalizzata sulle due grandi isole del Mediterraneo, Creta e la Sicilia. La sua conoscenza del mondo antico spaziava dalla preistoria all’età medievale.  Studioso serio, profondo, ha contribuito in modo decisivo alla conoscenza delle civiltà indigene della Sicilia pre-greca, con particolare riferimento ai due centri indigeni di Sant’Angelo Muxaro e Polizzello. In quest’ultimo, in particolare, in collaborazione con la soprintendenza di Caltanissetta ha condotto lunghe campagne di scavo che hanno portato alla completa messa in luce dell’acropoli e al rinvenimento di manufatti di altissimo valore storico, confluiti in una mostra itinerante internazionale. A Creta, dove dal 2006 e stato direttore della missione archeologica a Prinias, sito chiave per lo studio e la conoscenza delle origini della città e dell’arte greche, ha condotto numerosissime ricerche incentrate sull'alto arcaismo.
Lascia un contributo di oltre 100 pubblicazioni, ma, soprattutto, lascia l’indelebile ricordo di uomo mite, benevolo e affabile, il cui ruolo istituzionale e l’alto profilo scientifico non ne hanno mai condizionato il comportamento. Dario Palermo era un ricercatore e un maestro. Desideroso di trasmettere il suo sapere e l’amore per la disciplina agli studenti, che oggi piangono la scomparsa di un professore amorevole, sempre presente, appassionato e, soprattutto, umano.
Egli è ricordato da tutti per la sua particolare filantropia, per non aver mai avuto interlocutori “privilegiati" ma, al contrario, per aver condiviso le sue conoscenze con tutti, addetti ai lavori e non. Il DiSFor era la sua seconda casa e tutti avevamo la rassicurante certezza di trovarlo nel suo ufficio, ogni giorno, sin dall’apertura del portone, immancabilmente.
La sua prematura scomparsa lascia un vuoto incolmabile, oltre che tra i familiari, tra i colleghi, gli allievi e gli amici. Restano di lui, immutabili, il valore delle ricerche e i risultati da esse derivati, ma soprattutto il suo valore umano, perché Dario Palermo era una persona per bene.
 

Il ricordo di Eleonora Pappalardo

Il mio maestro.

Ho scelto come maestro Dario, quando lui era ancora il dott. Palermo, dopo aver seguito il suo corso di archeologia cretese. Ai tempi, la sua scrivania era in una stanza del CNR al vecchio istituto di Archeologia, in via San Giuliano 262.
Mi disse che mi avrebbe assegnato una tesi su un argomento che lui stesso avrebbe voluto affrontare, i bronzi figurati dell’Antro ideo a Creta. Da quel momento lo seguii. A Torino, insieme a Katia e Davide, quando divenne professore associato; poi di nuovo a Catania, quando fu nominato ordinario. Da lì, divenne presidente del corso di laurea in formazione di operatori turistici, direttore del dipartimento di scienze della Formazione, Direttore della Missione italiana a Prinias e della Scuola di Specializzazione in beni Archeologici.
Ricordo come se fosse ieri, quando mi disse “Eleonora, ora siamo colleghi, diamoci del tu!”.
Ma non era vero, non eravamo colleghi. Io avevo semplicemente vinto il Dottorato di ricerca.
Ma Dario era così. Capace di mettere insieme conoscenza profonda dell’antico e rigore scientifico con apertura, mitezza, e modestia. Dario parlava delle sue intuizioni in ambito archeologico con lo stesso entusiasmo, sia che il suo interlocutore fosse uno studioso di chiara fama, sia che fossero gli studenti.
A loro, Dario, è riuscito a trasmettere la passione e l’amore per una disciplina non facile; per loro, la sua porta è sempre stata aperta.
Per lui non c’erano interlocutori di serie A e di serie B. Dai contributi ai convegni internazionali, alle relazioni presso le associazioni culturali, alle semplici conversazioni con gli appassionati di archeologia, alle lezioni in aula. Gli occhi gli brillavano allo stesso modo. Un’archeologia democratica, la sua. Talmente bella, talmente degna di essere diffusa e conosciuta, che chiunque, parlando con lui, avrebbe imparato qualcosa.
Dario arrivava in Dipartimento prestissimo, spesso quando ancora era chiuso, e io sapevo, ogni mattina, di non dover cercare le chiavi della stanza nella borsa, perché la porta era già aperta. E mille volte, entrando, l’ho trovato sorridente davanti lo schermo del computer, ad aspettarmi per dirmi “vieni Pappalardo, guarda che ti faccio vedere!”. Questo significava che aveva trascorso la notte rimuginando su un vaso, sulla pianta di un edificio, su un buco nella roccia e ne aveva ricavato la ricostruzione storica. Ancora col cappotto addosso e la borsa in mano, dovevo sedermi accanto a lui, alle 8 di mattina, e ascoltare i suoi ragionamenti, lineari, netti, chiari che portavano dall’osservazione della cultura materiale alla ricostruzione del comportamento umano.
Questa capacità analitica, questo amore viscerale per l’archeologia, uniti ad una conoscenza impareggiabile dell’antico gli hanno permesso di dare contributi inestimabili alla storia e all’archeologia della Sicilia e di Creta, poiché tra le due grandi isole era egualmente distribuito il suo amore.
Mi stringo ad Annalisa, Gabriele e Francesco, della cui famiglia mi sento di far parte da circa 30 anni.
E mi stringo a Rossella, Andrea, Massimo ed Enrico, che non c’è più, perché anche loro erano la sua famiglia.
Per gli eroi Greci l’immortalità equivaleva alla memoria. I defunti dovevano recarsi a bere alla fonte di Mnemosyne per garantirsi la vita eterna. Chi si ricorda di se stesso corrisponde al ricordo nel quale egli sopravvive. Questo è il magico dono di Mnemosyne. Ricordare ed essere ricordati. Ai vivi resta il compito maggiore, di perpetrare il ricordo. Dario ci rende questo compito estremamente facile, poiché il suo contributo all’archeologia del Mediterraneo, così come il suo valore umano, sono inestimabili ed eterni.
E inestimabile ed eterno è il ricordo che conserveremo di lui.

Data di pubblicazione: 28/02/2022